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martedì 19 gennaio 2016

I cigni neri del 2016

I cigni neri del 2016



L’inizio del 2016 è stato senza ombra di dubbio tra i peggiori che i mercati finanziari abbiano mai vissuto. In appena 15 giorni abbiamo assistito ad una vera tempesta che ha colpito per intero i mercati azionari mondiali. L’indice americano SP500 accusa ad oggi un calo del 7,5% da inizio anno mentre i listini europei sfiorano cali vicini al 10% come anche la piazza giapponese di Tokio.




Se osserviamo il grafico dell’indice europeo eurostoxx50 si può notare come sia tornato ad un passo dal livello chiave della media mobile a 200 settimane (linea rossa) che transita in area 2971 punti. L’eventuale rottura di questo livello potrebbe innescare nuove e violente perdite ma soprattutto l’inversione del trend rialzista di lungo periodo che contraddistingue il mercato dal 2012.

Osservando le candele mensili in formazione emergono delle similitudini preoccupanti tra il 2007-2008 (bolla rossa) ed il 2015-2016 (bolla verde). Nel 2007 il mercato fu caratterizzato da un forte rally nei primi mesi dell’anno a cui però seguì una fase di lateralizzazione e negli ultimi mesi dell’anno si iniziò ad affacciarsi il mercato orso.
A Gennaio 2008 vi fu un vero tracollo con -13,80% che diede il via ad un periodo molto complicato per i mercati finanziari che portò il mondo in recessione globale.  Il 2015 è stato graficamente parlando molto simile al 2007 con i primi 3 mesi dell’anno estremamente positivi seguiti da una fase di lateralità e da una seconda fase dell’anno più volatile seguita da discese repentine verso fine anno. Ad oggi l’inizio del 2016 appare identico a quello del 2008 con un calo di quasi il 10% nelle prime due settimane dell’anno. 


Dal 3 dicembre 2015 l’indice europeo è passato da 3537 punti a 2980 odierni (quasi il 20% in poco più di un mese).

Per capire cosa è successo bisogna partire dai motivi scatenanti di questa ondata di vendite sui mercati bisogna tornare indietro ed allargare lo spettro di osservazione a tutto il mondo.
1) La bolla del credito in Cina aveva gonfiato in modo clamoroso le quotazioni dell’indice Cinese SHComp passato da 3150 punti ad inizio del 2015 a 5166 punti a giugno 2015. Dopo un rialzo superiore al 50% in appena 6 mesi di tempo la bolla è scoppiata in modo fragoroso nonostante i ripetuti interventi da parte della Banca Centrale Cinese. Il crollo successivo si è intensificato nelle ultime due settimane portando il bilancio da inizio 2016 a un -16,4% (2900 punti).

2) Il Crollo delle materie prime appare senza fine. Per quanto sia un fattore positivo per le economie importatrici di petrolio rischia di essere un fattore negativo oltre che per i paesi produttori anche per le numerose imprese globali che si occupano di materie prime che rischiano a questi prezzi di fare default.  Il petrolio è passato da oltre i 100$ ai 29 $ attuali in poco più di un anno e mezzo.   

 L’indice BCOM (che esprime l’andamento di tutte le commodity mondiali) è letteralmente collassato passando da 130 a 73 in soli 6 mesi. 


3) Rallentamento globale in corso. Dal report pubblicato pochi giorni fa dalla banca centrale mondiale appare evidente come le prospettive di crescita siano in netto calo rispetto alle previsioni effettuate solo alcuni mesi fa. In particolare è da segnalare il forte calo che sta colpendo le economie emergenti trascinate in basso dalla fortissima recessione brasiliana che dovrebbe accusare un calo del 2,5% del Pil nel 2016 dopo un tracollo del 3,7% nel 2015. Le economie avanzate dovrebbero continuare il proprio percorso di crescita seppur ad un ritmo più moderato.


 

4)    Bassa inflazione e rischio deflazione. L’andamento delle materie prime sta portando il mondo vicino ad una pericolosa deflazione. Nonostante le politiche monetarie ultra espansive con tassi di interessi pari a 0% ed acquisti di titoli di stato da parte della Banca Centrale Europea l’inflazione in Europa è ancora anemica e rischia di tramutarsi in  una vera e propria deflazione se non dovesse esserci qualche cambiamento significativo nei prossimi mesi.

Nell’ultimo mese i prezzi sono scesi dello 0,1% mentre la variazione anno su anno è appena a +0,2% ben lontano dal target della BCE del 2%. 

5)    Politica monetaria della Banche centrali meno espansiva. Con il rialzo dei tassi effettuato a dicembre la Fed ha dato avvio ad una fase restrittiva di politica monetaria. Questo ha portato ad un dollaro forte e ad un de-leverage nei paesi emergenti cosa che riduce globalmente la liquidità complessiva. La Bce e la BOJ continueranno le loro politiche espansionistiche di politica monetaria ma le incertezze legate alla velocità ed alla intensità della politica monetaria nei ciclo di rialzo dei tassi rimane un elemento chiave per questo 2016. La PBOC (banca centrale cinese) verosimilmente continuerà ad allentare la politica monetaria ed ad assecondare una politica di gestione del tasso di cambio che tenga conto non solo del dollaro ma anche dei movimenti del Renminbi rispetto alle altre valute.  Complessivamente va ribadito che l’effetto delle azioni intraprese dalle banche centrali sarà relativamente meno incisivo sui mercati rispetto al passato.

6)  Rischi geopolitici e rischi generali. Nell’ultimo anno le tensioni geopolitiche a livello mondiale sono state in netta crescita. Basti ricordare l’esodo spaventoso di milioni di persone verso l’Europa dalla Siria, gli attentati di Parigi con oltre 200 morti, le provocazioni del leader della Corea del NORD (Kim Jong UN) con l’esplosione di una bomba ad idrogeno. Non sono mancati gli scandali specifici che hanno colpito il settore auto (Dieselgate di VOLKSWAGEN) e negli ultimi giorni anche Renault.


Il 2016 appare come un anno molto complesso per le numerose incertezze legate a tutti questi fattori e probabilmente dovremo abituarci in primis a rendimenti più bassi di quelli registrati negli ultimi anni, ed in secundis a gestire l’aumento della volatilità che non è episodico ma è destinato a persistere. La diversificazione di portafoglio tradizionalmente ottenuta con cash o obbligazioni governative è oggi più difficile da realizzare e richiede l’introduzione in portafoglio di strategie flessibili/absolute return. 

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